lunedì 10 ottobre 2011
Abduction - la recensione
Come ogni industria che si rispetti anche quella del cinema hollywoodiano è alla continua ricerca di nuovi prodotti, in questo caso di nuovi attori, volti freschi e giovani che possano trovare un loro pubblico e crescere con esso. Auspicabilmente per anni e con soddisfazione reciproca.
Sembra essere questa l’idea dietro la scelta di Taylor Lautner come protagonista dell’action thriller Abduction (che poi vuol dire rapimento), diretto da John Singleton. Dopo le avventure della saga di Twilight Lautner cerca di diventare grande, di non trasformarsi tanto in un lupo quanto in un bravo attore. Purtroppo la visione di Abduction dimostra come ci sia molta strada ancora da percorrere.
Di strada ne percorre molta invece il protagonista che scopre per caso, con una ricerca scolastica su internet, che la coppia con cui vive non sono i suoi genitori biologici e che in molti lo cercano da anni e sono oramai sulle sue tracce. La fuga è l’unica soluzione, insieme alla vicina coetanea, per scappare da tanti inseguitori: da agenti free lance russi molto minacciosi e dalla CIA che potrebbe nascondere qualche talpa.
Un film che va, va, va. A piedi, in macchina, in treno, in moto e fino a quando non si ferma riesce anche ad intrattenere, con Singleton che dimostra di ricordarsi di aver girato 2 Fast 2 Furious e come l’action sia il suo cinema. Quando il film rallenta ci si parano davanti più chiari i vuoti di sceneggiatura a tratti imbarazzanti, ma soprattutto il fatto che Taylor Lautner, qui protagonista praticamente di ogni fotogramma, non riesce proprio a convincere. Non che sia molto meglio la giovane vicina di casa Lily Collins, che condivide con il papà Phil le sopracciglia aggressive, ma forse non il talento.
I due poi hanno un compito non facile, perché si trovano a recitare accanto ad attori di livello come Maria Bello, Sigourney Weaver, Jason Isaacs, Alfred Molina,Michael Nyqvist.
Le ambizioni, in parte frustrate, erano da prodotto medio, nel senso industriale e in fondo nobile del termine.
Quel cinema un po’ vecchio stile, un po’ anni 80, muscolare, fatto di scontri corpo a corpo e di sgommate, analogico e anti digitale che Hollywood non sforna quasi più e in fondo ci manca.
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