mercoledì 12 ottobre 2011

Un musical trascinante e spettacolare nato sotto il segno degli Abba e di Afrodite


Locandina Mamma Mia!
Grecia, 1999. La giovane Sophie ha un sogno: conoscere suo padre e farsi condurre
 all'altare nell'incantevole 
isola di Kalokairi. Alla vigilia delle sue nozze con Sky ha scoperto il 
diario segreto e i segreti del cuore della madre, una figlia dei fiori che praticava il sesso e 
l'amore ieri, 
una donna indipendente e piena di vita che gestisce un piccolo hotel sul mare di Afrodite oggi. 
All'insaputa di Donna, Sophie invita a nozze i suoi potenziali padri: un uomo d'affari, 
un avventuriero e un banchiere impacciato. Scoperta molto presto la loro presenza sull'isola, 
Donna li invita "amabilmente" a rimettersi in mare ma niente 
andrà come previsto. 
Gli dei in cielo hanno lanciato i dadi e versato amore, tanto amore, nei calici.
A ragione Mamma mia! è ambientato nel Mediterraneo perché l'acqua, 
nel musical di Phillida Lloyd, è il filtro deformante che veicola gli sguardi dei 
protagonisti e spuma l'amore fino ai cuori. Non si tratta affatto di un espediente, 
l'amore impone sempre una nuova nascita, un ritorno nel liquido amniotico che ottunde 
tutto ciò che è esterno, estraneo, nemico. In quella soglia incantata la 
Donna di Meryl Streep vorrebbe trattenere il più a lungo possibile la sua Sophie, 
che al contrario scalpita per salpare e attraversarla. Al di là c'è l'ignoto e il nuovo, c'è un padre e un 
mondo da scoprire, c'è un'attesa sospesa da corrispondere 
prima che gli dei facciano i capricci. Mamma mia! è la storia di un'isola 
"assediata" dai padri e difesa dalle madri, 
un impasto di sale e sentimenti che 
trova sullo 
schermo una dimensione spettacolare, sostenuta da un ritmo incalzante e impreziosita dalle 
"teatrali" canzoni degli Abba. 
La straordinaria partitura e i testi dell'irriducibile gruppo svedese interpretano i movimenti ariosi delle coreografie in esterni, 
raggiungendo una resa 
d'atmosfera sorprendentemente comunicativa mentre "cantano" il lamento d'amore di
 "The Winner Takes It All" o la carica liberatoria di "Dancing Queen".
 La perizia della regia, la dimensione dello sforzo produttivo e l'apporto di un'infinità di esperti assicurerebbero 
soltanto la buona qualità della confezione se a vivificare il 
tutto e a imprimere al film quel quid di magia, che lo illumina più del sole della Grecia, 
non ci fossero gli stupori, la recitazione 
incantata e la "faccia da musical" di un cast appropriato, equilibrato ed efficace.
Al di là dell'arcobaleno "viaggiano" la dancing Queen di Meryl Streep, che percorre in lungo e 
in largo la scena tuffandosi in un bagno di musica e di eccentricità coreografica,
 i padri inconsapevoli e incoscienti di Colin Firth, Stellan Skarsgård e Pierce Brosnan, 
che pur non avendo confidenza alcuna col genere riescono a trasformare i loro 
impacci in irresistibili connotazioni psicologiche, 
e la figlia adorabile di Amanda Seyfried, 
che coglie col suo volto l'ode alla felicità e il sogno irraggiungibile.
È la natura e la brezza del Mare Nostro a inventare invece l'"artificio" scenografico, 
salvaguardando la dimensione da favola e la dinamica visiva delle schermaglie 
sentimentali ("SOS"), degli animosi battibecchi, degli shakespeariani equivoci ("Gimme! Gimme! Gimme!") e delle sonore agnizioni ("Voulez - Vous").
Calato in un tempo precisato, che come i protagonisti deve compiere un passaggio (è il 1999), il musical corale della Lloyd privilegia il ritmo esuberante e trascinante piuttosto che l'arabesco elegante, innescando coi numeri musicali uno scatto di autentica e orecchiabile vitalità. Se il musical è favola, di tutte le favole Mamma mia! è forse la più bella.

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